DRUSILLA SENZA VERGOGNA: vi racconto la vita eleganzissima di Drusilla Foer

La vita eleganzissima di Drusilla Foer si snoda lungo un curvilineo morbido di ricordi, anedotti e battute sagaci alla Woody Allen, tirati fuori dalla cabina armadio dei souvenirs di famiglia: una bomboniera tappezzata di raffinate chinoiserie dove la piccola Drilla, sin da bambina, improvvisava scene di teatro, avvolta da cappe dorate e da preziosi stoffe.

È lì che ho avuto il primo impatto con lo chiffon, che mi ha segnato. Lo chiffon vince sempre”.

Ma per parlare della storia di Drusilla bisogna partire dal nome. Quello oggi inusuale reso celebre nel passato, perché appartenuto a numerose matrone romane, tra cui la moglie di Caligola, imperatore ricordato più per le storie di ordinaria follia che per il dubbio senno. Ma anche il nome della moglie di Augusto, faro di saggezza nel panorama femminile antico.

A dispetto di tali illustri antecedenti, Drusilla viene così chiamata in onore di una zia morta prematuramente, che a sua volta portava il nome del battello ove era stata concepita, che aveva avuto il merito di trasportare i genitori, facoltosi nonni dell’autrice, in una rocambolesca quanto movimentata crociera sul Bosforo.

Seguendo la storia dei cimeli di famiglia, il filo della memoria si snoda partendo dal vestito dorato regalato alla madre da un principe del deserto. Un’avventura tanto estemporanea quanto leggendaria che dall’ambasciata de L’Havana, dove ai tempi viveva la famiglia dell’autrice, ci porta nel Chad, dove la giovane Drusilla, suo fratello e la madre vennero ospitati dal principe dei kinnin.

Il fascino esotico di molti personaggi che tempestano come meteore la vita di Drusilla disegna un secondo fil rouge interno al libro, quasi un gioco di matrioske maschili, che culmina con un misterioso curatore di tappeti. Un Kabir Bedi della Persia che, trasferitosi a Firenze, si prese cura del suo tappeto: toccarlo a occhi chiusi era come accarezzare il pelo di un felino selvatico.

C’è poi la nonna Filangera, aristocratica napoletana che seppellì ben tre mariti. Distaccata e anticonvenzionale, fu lei a insegnare a Drusilla l’importanza di non fermarsi mai alle mere apparenze. Abituata a vestire con abiti sartoriali confezionati su misura, dovettero trascinarla come Maria Stuarda al patibolo per convincerla ad acquistare al nipote le scarpe in un negozio di Gucci. Con la sua aria sprezzante, pose un biglietto alla commessa, pregandola di voler sostituire la fibbia con le presunte iniziali di prova “GG”, con le vere iniziali del suo nome. Non l’avrebbe mai sfiorata l’idea che qualcuno potesse vestirsi esibendo un logo.

Tu non conosci la vergogna” fu la dichiarazione più bella che le fece la nonna Gera, assieme al diario di memorie passato nelle sue mani. “La vergogna di se’ e’ la violenza più immobilizzante che l’anima possa subire”, le confidò con orgoglio l’ormai anziana signora, “sii te stessa” la dedica che sigillava l’ultima pagina.

Ebbe il buon gusto di spirare alla prima del Fidelio, già messa a puntino per le esequie: la trovarono ingioiellata, truccata e pettinata nel palco di famiglia, passando alla cronaca come la defunta più elegante del secolo.

Dal Texas a New York, dove Drusilla gestisce un negozio di abiti di sartoria italiana, passando per le capitali europee, la vita dell’autrice rimbalza tra i due mondi, inciampando solo nell’ intoppo di un matrimonio avventato, cui è presto seguito il divorzio.

C’è’ infine il grande amore per il marito Herve’, perso prematuramente, di cui Drusilla porta sempre con sé il ricordo: nel cuore, la sua immagine, sulla pelle il pigiama con cui dorme, e in tasca, come un amuleto inseparabile, la targhetta di casa, con incise le sue iniziali .

Ma se le sue storie brillanti, a tratti glamour, a volte accorate e commesse, con quel tocco intimo da amica che avreste voluto sempre avere vi sono piaciute, vi prego non chiamatela regina dei salotti. “Il divano è l’unica cosa che approvo del salotto. La cucina è il luogo piu’ sincero della casa, mentre il bagno il più democratico. Quindi la regina dei salotti abdica in favore del bide’ ”. Allo stesso modo, Drusilla ci tiene inoltre a sfatare il falso mito della signora aristocratica: “Sono come una di quelle opere concettuali anni Cinquanta: senza titolo”.

Quando richiuderete il libro, ne potrete conservare alcune preziose perle di saggezza che vi resteranno come piccoli doni di questa piacevolissima conversazione a senso unico.

Eccone alcune tra le più significative:

L’eleganza e la ricchezza non sono spesso collegabili, ma la ricchezza e la volgarità sono spesso figlie della stessa madre.”

Ma anche:

Il classismo è uno dei sentimenti che scorre a doppio senso: se una Signora in Chanel burro entra in un centro sociale, sicuramente si prende della stronza, allo stesso modo un punk che entra in un salotto principesco si becca del disgraziato. Dunque andiamo oltre le apparenze!

E infine ce n’è un’ultima con cui vale la pena accomiatarsi:

Mai vivere all’insaputa di se stessi.”

Grazie, Drusilla Foer