Salvador Dali, lo sciamano del surrealismo

Salvador Dali’, ovvero: “un surrealista paranoico critico”, come amava lui stesso definirsi, tra il compiaciuto e l’ironico.

Al Forum Grimaldi di Monaco si conclude oggi, 8 settembre 2019, l’imponente mostra dedicata a questo genio della modernità che per tre mesi ha regalato al pubblico un’immagine inedita dell’artista catalano.

La riscoperta della sua infanzia a Figueres e Cadaques, dei suoi primi esordi pittorici che lo hanno portato a esporre giovanissimo a Barcellona, mostra tutte le influenze artistiche che ne hanno contribuito alla formazione.

Radici importanti e stratificate grazie alle quali diverrà già giovanissimo l’esponente di spicco della Nouvelle Vague, liberandosi dalla scia del Maestro Picasso e ponendosi al fianco di figure monumentali come il regista Luis Bunuel e il grande Federico Garcia Lorca, suoi amici storici.

Un genio precoce il suo, che ha fortemente segnato l’immaginario contemporaneo nel difficile equilibrio della ricerca di perfezione stilistica (pittorica e grafica) e di valenza simbolico-evocativa delle opere.

Esordisce giovanissimo ispirato dagli impressionisti per poi dedicarsi al cubismo, con brevi incursioni nell’astrattismo che lo porteranno a riscoprire l’arte classica e rinascimentale. Radici forti, che mai tradirà. Suoi maestri per eccellenza: Leonardo e Michelangelo.

Grazie a questa complessa formazione e a una costante ricerca estrema del rigore stilistico, nella sua arte tutto è possibile.

Tutto è espresso all’ennesima potenza, in un perfetto e delicato equilibrio di tecnica, disegno, colore, ispirazione, genio creativo ed autenticità.

Sono opere che lasciano stupefatti per il

sentimento di spaesamento indotto nello spettatore: si riconoscono forme e immagini familiari eppure assurde, decontestualizzate e riproposte in spazi rarefatti e tempi fluidi, al di fuori di ogni codificazione.

L’unica certezza che resta è che solo attraverso lo smarrimento del giudizio, di un centro gravitazionale interno, lasciando fluire nel nostro inconscio le immagini rappresentate si possa trovare una chiave di comprensione a ciò che sfugge alla nostra ragione e ai sensi.

Del resto, lo stesso artista si dichiara incomprensibile a se stesso.

Facendosi Vate dello sconfinato universo dell’enigma, dal cuore del più antico labirinto dell’immaginario collettivo, l’artista del surreale mette in scena ossessioni, drammi, paure e inquietudini eterne, sempre fluidi e mutevoli, espresse in immagini monumentali, plastiche, volumetriche. Come delle nuvole che si fanno divinità.

Nella perdita del centro, come in ogni equilibrio arbitrario, si ritrova l’indefinitezza di immagini archetipiche.

Sono queste le nuove idee o verità,

immagini che emergono dalla nebulosità dei sogni per stagliarsi nitide sulla tela, in tutta la loro immensa forza evocativa delle forme classiche.

Al di la’ dei ben noti richiami freudiani e delle citazioni sulla teoria della relatività. Al di la’ dei simboli ricorrenti tra cui gli orologi molli, le stampelle, le uova, la lumaca, le formiche, i lunghi elefanti con zampe da giraffa.

Al di là di tutto ciò racconterò come, in una rilettura complessiva delle sue opere, facendomi travolgere dalla corrente vorticosa delle loro immagini, mi sia diventato chiaro che egli si sia proclamato il Vate, lo Sciamano della modernità.

Con una forza evocativa portentosa.

A lui sta il compito di riportare alla luce le visioni immaginali di un tempo che non ha confini, dove la terza dimensione è puramente illusoria e si confonde con la Terra delle Ombre, oltre la Grande Soglia da dove attingere idee, ispirazioni allucinate che vengono riportate alla luce con nitida violenza, senza nessuna censura.

Cosi’ le idee si susseguono concatenate l’una nell’altra, come i pensieri di un flusso di coscienza che viene liberato nel momento in cui prende vita sulla tela.

Ecco lo smarginamento, la perdita dei confini di un singolo oggetto, pensiero o cosa, per ritrovare una nuova codificazione in una dimensione a noi del tutto sconosciuta, e perciò sacra, quale quella dell’inconscio collettivo.

Il tutto è perennemente avvolto da un eterno enigma, un gioco di cassetti che lo stesso Dali’ dichiara a se stesso inconoscibile.

Vi è forse una sola certezza: il tributo costante alla Gioconda e alle opere del maestro Leonardo, il primo tra tutti che e’ riuscito a infondere nelle sue opere la quintessenza dell’enigma, il mistero e il perenne stupore che un’opera d’arte, come emanazione del sacro, deve trasmettere.

E allora l’artista non è nient’altro che un mero portavoce del grande mistero. Tra natura e bellezza, tra realtà visibile e mondi invisibili ma non per questo meno reali.