I DONI SEGRETI DELL’ARCOBALENO

Una favola universale simbolo di pace

Pubblicata su Karmanews

Tanto tempo fa, in un’epoca ormai da tutti dimenticata, esisteva un mondo incantato dove i bambini vivevano in armonia con le fate, gli elfi e le creature magiche del giorno e della notte, come le gocce di rugiada e le lacrime di luna.

Giocavano indisturbati con la pioggia di stelle e si divertivano a creare pupazzi di nuvole coi vapori soffici delle pecore alate. I petali dei fiori venivano usati in grande quantità come aquiloni per le coccinelle: bastava loro assicurare dei sottili fili d’erba che fungevano da cime per i nuovi paracaduti, e l’opera era compiuta.

I castelli di sabbia potevano essere costruiti non solo sulla riva dei fiumi, ma anche alle pendici delle grotte marine, dove si poteva raccogliere la polvere di stalattiti, tanto preziosa per le sue pagliuzze argentate da essere oggetto di contesa tra elfi e fate.

In quel tempo di assoluta pace era a tutti possibile, dopo l’arrivo di un grande temporale, salire sulla prima nuvola per fare lo scivolo sul dorso dell’arcobaleno. Il ponte aereo dai mille colori che in quegli istanti eterni congiungeva la terra al cielo, poteva dirsi il simbolo segreto di quel mondo incontaminato.

Ma un giorno l’incanto finì.

Arrivò uno stuolo di nuvoloni grigi e produsse un grande frastuono, esclamando a gran voce:

“E’ finito il tempo del gioco. Da ora in poi il cielo sarà separato dalla terra, la notte dal giorno e le fate dai mortali. I cuccioli di uomo, che appartengono al mondo terrestre, non potranno più salire sull’arcobaleno”.

Si scatenò dunque un grande uragano, che per la prima volta in tutta quell’eternità non fu seguito da alcun arco in cielo.

Il ponte tra il mondo delle fate e i bambini fu per sempre spezzato, e ai piccoli uomini non restò che un lontano ricordo del tempo che fu, il mondo incantato in cui una volta avevano vissuto. Tutto sprofondò nel mito, come se quell’epoca non fosse mai esistita se non nei sogni e nelle narrazioni delle favole, frutto dell’invenzione degli adulti.

Circondati da un ambiente a loro ostile, Sebastian e Soraya potevano dirsi gli ultimi superstiti di tale era lontana, catapultati per caso in un’epoca a loro estranea.

A differenza dei loro coetanei, durante l’infanzia i due ragazzi erano rimasti incontaminati dal fascino delle PlayStation, dalle diavolerie informatiche che spopolavano tra gli altri bambini e dai giochi elettronici dalle mille applicazioni.

Preferivano rifugiarsi nell’atmosfera accogliente e ovattata delle favole, che amavano leggere ai piedi degli alberi o in riva a un fiume, dopo aver giocato all’aperto riempiendosi i polmoni di aria cristallina, piuttosto che sentirsi ammuffire tra le pieghe del divano domestico.

Emarginati e scherniti dai loro compagni, che si prendevano gioco di loro con molteplici dispetti, cospargendo i loro zaini con la colla o sprigionando fiale maleodoranti per distrarli durante le interrogazioni, i due ragazzi impararono a vivere appartati, schivando le risa di chi non poteva comprendere le loro doti speciali.

Così, ai margini dello stesso paese, pur avendo la medesima età, Sebastian e Soraya arrivarono alla soglia degli undici anni senza mai incontrarsi, come due pianeti che si attraevano reciprocamente riuscendo tuttavia a rimanere sempre equidistanti. Le loro vite sembravano procedere in parallelo, esattamente come due binari dello stesso treno, e come tali avrebbero continuato a rimanere se un evento inaspettato non avesse finalmente smosso i loro destini, mettendo l’uno sul cammino dell’altra.

Accadde che un giorno il più facoltoso dei ragazzi del paese, amico dei rispettivi compagni di scuola, organizzò una sontuosa festa per il suo undicesimo compleanno.

Aveva invitato quasi tutti i ragazzi della scuola, tranne Sebastian e Soraya, troppo impopolari per poter partecipare a un evento così di moda, a cui del resto i loro vestiti di seconda mano non avrebbero permesso di rendere il giusto omaggio. Inoltre, disinformati com’erano sulle novità del momento, i due sprovveduti non sarebbero di certo stati in grado di acquistare il giusto regalo gradito al loro ospite.

Per evitargli l’imbarazzo di sentirsi fuori luogo, il festeggiato fu dunque tanto generoso da non estendere l’invito ai due ragazzi, anche se la tentazione di accoglierli per poi farsene beffa era stata molto forte.

Sebastian e Soraya, che ormai erano abituati a sentirsi emarginati dai loro compagni, non se ne ebbero a male. Tuttavia la curiosità di vedere come potevano essere fatti i giardini di una grande villa, sui cui alberi avrebbero potuto arrampicarsi nei loro giochi immaginari, e quanto grande potesse essere uno stagno dove convivevano papere e rane, ebbe su di loro il sopravvento.

Presero informazioni sull’indirizzo della grande villa, col progetto di osservare la festa da lontano, magari proprio dal giardino accanto o da un albero limitrofo.

Il giorno del compleanno, dopo essersi assicurati che tutti i loro compagni fossero già arrivati e non mancasse nessuno, Sebastian e Soraya si misero in perlustrazione negli immediati dintorni della villa. Con grande sorpresa, scoprirono che proprio lì accanto si trovava un grande parco che aveva tutta l’aria di essere completamente abbandonato a se stesso. Fu lì che i due ragazzi si incontrarono.

Dopo essersi avventurati alla ricerca del giusto albero su cui arrampicarsi per osservare la festa, rimasero rapiti dall’insolita bellezza di quel posto selvaggio. Tutto suggeriva loro un antico passato di splendore, ma ora quelle rovine erano avvolte da uno strano mistero. Le statue nascoste negli angoli più remoti e improbabili del parco erano ricoperte da diversi strati di muschio ed edera, e i putti posti al centro delle fontane, una volta ridenti, sembravano avere un’aria nostalgica per un passato dimenticato dove avevano brillato nelle loro forme marmoree, che ora invece erano coperte di escrementi di piccioni. Dalle loro estremità non sgorgavano più ridenti zampilli: le acque si erano tutte prosciugate e al loro posto, tra le foglie che ne avevano riempito le vasche, avevano nidificato insetti e piccole creature del bosco.

Attratti da tale insolita bellezza, sebbene all’apice della decadenza, i due ragazzi si dimenticarono del motivo che li aveva spinti fino a lì. Erano talmente rapiti dalla natura e dalle rovine del parco, che non si accorsero che stava iniziando a piovere.

Accadde così che furono sorpresi da una forte tempesta.

Non sapendo dove rifugiarsi, ebbero un bel da fare nel perlustrare il parco in lungo e in largo alla ricerca di un tetto sicuro, o almeno di quanto più si avvicinasse a una sorta di riparo dalla pioggia che scendeva copiosa.

Finchè si accorsero che in un angolo appartato del parco, una volta destinato al gioco dei bambini, erano sopravvissuti un’altalena di corda ancora aggrappata a un albero e, poco distante, un grande scivolo. Fu proprio il suo dorso messo a spiovente che i due ragazzi individuarono come unico riparo dalle intemperie, e accorrendo trafelati sotto all’improvvisata tettoia, accadde che i due si scontrarono.

Appena i loro sguardi si incrociarono, si riconobbero all’istante, come se fossero stati amici da sempre. Sebastian e Soraya: parevano le due facce della stessa medaglia, due metà separate di un mondo che finalmente si ricongiungeva.

Bastò loro scambiarsi qualche timido sorriso per capirsi oltre le parole. Erano rimasti distanti per troppo tempo, lontani dalla loro natura cristallina. Due autentici sognatori di un mondo parallelo che fino a quel giorno era loro sfuggito di mano, come se avessero vissuto sul ciglio di un fiume, senza mai riuscire ad immergersi pienamente nelle sue preziose acque.

Ma adesso che si erano ritrovati, sarebbe stato tutto diverso, e sicuramente più facile. Condividere le avventure con qualcuno in cui rispecchiarsi sarebbe stato fantastico, insieme avrebbero costituito una piccola squadra per far fronte alle prepotenze dei loro compagni, e la vita sarebbe stata più facile, leggera e felice.

Fu proprio in quel momento che, dopo un ultimo scroscio di pioggia, le nuvole si diradarono, e così il cielo si rasserenò lasciando lo spazio a un bellissimo arcobaleno.

Nel guardarlo, i due ragazzi rimasero stupiti, a bocca aperta per tanta stupefacente bellezza. Entrambi avevano sempre sentito uno strano richiamo per la luce pura sprigionata da quel ponte magico che per un attimo ricongiungeva la terra al cielo. Sentivano che era come un regalo inviato agli uomini direttamente dalle fate, un messaggio in codice diretto alle creature più sensibili, che ora spettava loro decifrare, facendosene i messaggeri verso l’umanità.

Sentirono delle sottili voci farsi strada nell’aria ancora densa di umidità, tra i bagliori delle ultime gocce di pioggia incastrate tra i rami.

Era la voce dell’arcobaleno che si stava rivolgendo proprio a loro.

«Siete i guerrieri di luce, non dimenticatevelo mai!», disse.

«Ogni volta che vedrete uno scivolo e un’altalena, saprete che sono i miei doni, da me lasciati sulla terra per ricordarvi che ci fu un tempo in cui i bambini vivevano felici con le fate. Oggi solo alcuni di voi ne conservano la memoria. Per questo avete una missione speciale: riportare la poesia del mondo delle favole nella vita di tutti i giorni. L’altalena per Soraya, lo scivolo per Sebastian, saranno gli strumenti magici che, riattivando il legame segreto tra cielo e terra, vi aiuteranno a rinforzare le vostre energie per compiere questa missione. Come una volta tutti i bambini facevano, scivolando felici sul mio dorso».

E lentamente scomparve, dissolvendosi tra le nuvole.

Sebastian e Soraya si strinsero forti l’uno all’altra promettendosi che a partire da quel momento avrebbero combattuto insieme fianco a fianco, come due autentici guerrieri di luce.

Da quel giorno, i loro compagni non li presero più in giro.

La loro vitalità era come rifiorita, i loro volti erano tornati a risplendere nella gioia, ed erano pieni di energia e di entusiasmo. Non si rifugiavano più in una vita solitaria sentendosi estranei al mondo, ma partecipavano attivamente a tutti i giochi dei loro nuovi amici, con la missione segreta di portare a loro gioia.

Quando accadeva che un loro compagno avesse un problema, accorrevano in suo aiuto per condurlo al loro regno segreto. Lì, avveniva il piccolo miracolo. Proprio come succedeva quando erano bambini, lo invitavano a lasciarsi andare alla magia dello scivolo e al potere dell’altalena, e subito ogni preoccupazione svaniva.

Allora i due amici sorridevano, guardandosi felici: avevano compiuto la loro missione, quella di ripristinare l’antico legame tra terra e cielo.