“… Passare insieme soldati e spose
Ballare piano in controluce
Moltiplicare la nostra voce
per mano insieme soldati e spose”
(Diamante – A. Fornaciari)
“In verità ti dico: prima che il gallo canti due volte, mi rinnegherai…”.
Okay, calma! Non sono Lui, e di galli a Montecarlo non se ne sono mai visti. Solo anatre e cigni di lusso nei relativi, immacolati stagni. Per evitare il rischio che alzino troppo il crestino, credo… 😊
Comunque sia, l’ho provato anche io, quel nodo alla gola più duro di una pietra. Perché la verità è che c’è un Pietro che abita in ognuno di noi, quando si tratta di metterci in salvo rinnegando le nostre origini.
Il Coronavirus è riuscito a fare anche questo.
Le contromisure del governo francese sono state irreprensibili, sul punto: “No agli italiani” è diventato un must di moda, conditio da molto “allure” e persino da una goccia di Chanel. Ma c’era da aspettarselo del resto: hanno semplicemente colto la palla al balzo, quella che dopo la finale del mondiale del 2006 avevano perso dopo la famosa testata di Zidane.
Ma ci sta, perché loro sì che hanno un solido senso dello Stato. Così mi è toccato escogitarne una delle mie per restare incolume dalle immaginarie ripercussioni contro il mio temuto potenziale virale. La simpatia, ovviamente! Oltre che a una bellezza irresistibile!
E dunque, se la Berté cantava con tono di sfida “non sono una signora”, a me è bastato doppiarla sul labiale. Sostituendo l’ultima parola. In fondo, come diceva Shakespeare, cos’è un’italiana? Non è una mano, ne’ un piede, ne’ un braccio. Ma un bel calcio nel sedere al momento più opportuno.
Addio monti sorgenti dalle acque ed elevati al cielo. Benvenuto mare assolato della Costa Azzurra.
Il rientro a Montecarlo non è stato di certo facile. Non tanto per la burocrazia o per le misure di Polizia, per carità. Le istituzioni locali hanno dato prova di grande solidarietà nei confronti delle minoranze discriminate, non cedendo alla fobia collettiva, e così ci hanno accolto con la loro migliore indifferenza. Mai tanto gradita!
Ma le contromisure della gente mortale, che popola l’Olimpo fondato sul tacco dodici delle Madames locali, non parevano essere tanto allineate con quel messaggio di speranza. Per strada, era l’aprirsi della folla come il mare al passaggio di Mosè. Non pensavo di avere tali doti profetiche!
E così mi è venuta l’idea di fingermi straniera in casa mia. Scartate le frasi di convenienza “I’m not italian” o “Je ne parle pas italian”, non credibili dalle mie labbra mediterranee, ecco arrivare l’aiutino dal pubblico . Il moderato corteo di sostenitrici della mia carnale passione per il flamenco.
“Yo soy espanola” sembrava la migliore via di fuga per una serena rimpatriata. Detto fatto, vai col rispolvero delle rose tra i capelli e le gonne gitane a go go, tanto ormai è praticamente primavera. Cosa volete: da Colombina veneziana a Paloma sivigliana il passo è stato breve, e anche piuttosto facile! Il mio cognome del resto sembra fatto a pennello. È il motivo per cui le tesi sulla reincarnazione mi hanno sempre convinto: siccome sono dotata di premonizione, ho sicuramente scelto di nascere da una famiglia con alta famigliarità spagnola.
Ma alla fine è andato tutto liscio: placata la fobia collettiva, anche il virus si è fatto democratico, e si è quindi deciso a colpire indiscriminatamente, senza distinzione di nazionalità. Virus senza frontiere!
Così, finalmente, ho potuto rilassarmi. Avrebbero potuto dare la colpa a chiunque, anche darsela tra loro, visto l’elevato tasso di litigiosità locale, e io me la sarei sfilata con tranquillità ballando la sivigliana. O anche muovendomi a ritmo di colombiana, sulle musiche della mia amata Shakira…
Perché la verità è una, bando agli scherzi.
Virus e inconvenienti a parte, la nostra Montecarlo nasconde un lato inedito. Un cuore grande, anzi immenso, tutto dedicato alla beneficenza.
Come forse saprete, la protagonista di “I love Mammy in Montecarlo”, Sylvie Labella, non fa mistero del suo rapporto altalenante con la meravigliosa “città dei glitter”. Del resto si sa : “l’amore non è bello se non è litigarello”.
Secondo Sylvie, la famosa canzone “Diamond’s are girls best friends” potrebbe considerarsi a pieno titolo l’inno putativo della città. Considerato che gli amici scarseggiano e i diamanti, in compenso, pare vadano per la maggiore e sono dei perfetti palliativi. Intercambiabili con i primi, e senz’altro più solidi.
Ebbene: dimenticativi tutto ciò per un istante, e provate a sintonizzarvi su un piano diverso.
Pensare ai diamanti di Tiffany, come nel famoso film con Audrey Hepburn, potrebbe aiutare a dare una visione più profonda e inedita della città. A Montecarlo infatti, così come nel famoso negozio di diamanti, “tutto può essere migliore”. Anche qui esiste la generosità d’animo, solo che è un valore tenuto discretamente nascosto negli animi dei nostri vicini. …che potremmo trovare senza faticare tanto come avviene nelle miniere…!
Fatta questa scoperta, a questo punto la colonna sonora del nostro nuovo film sulla solidarietà potrebbe essere quella di Rihanna: “Shine bright like a diamond”. Lei che ha una voce densa e gustosa come la cioccolata fumante.
O potremmo anche virare sulla pasticceria di importazione, proponendo uno Zucchero made in Italy.
Proprio come nella canzone di Adelmo Fornaciari (Diamante), ho infatti scoperto che a dispetto delle apparenze, la nostra Montecarlo è buona più di un Pandoro natalizio. Più dolce di una Sacher viennese. Più accogliente di un rotondo Macaron locale.
Non è un mistero del resto: basta viverci un po’ a fondo e la sua propensione al lato umanitario presto si nasconderà.
Sono innumerevoli le iniziative promosse dal Principato di Monaco in materia di beneficenza e aiuti ai più disagiati.
A partire, appunto, dalla punta di diamante delle manifestazioni organizzate dalla comunità monegasca per aiutare i bambini meno fortunati.
La mitica “ No finish line”: una maratona che vede simpaticamente partecipare tutta la comunità allo scopo di raccogliere fondi per la cura del cuore. Kilometri infiniti di pista per correre, con apposito tappeto rosso specificamente studiato per il tema, allestita per un’intera settimana nel porto di Fontveille, tra natura, laghetti, mare, e nelle immediate adiacenze del famoso Circo. Un’iniezione di salutismo e di puro divertimento che nel cuore ancora caldo di novembre unisce sport, fitness e tanto entusiasmo allo scopo di raccogliere fondi per le operazioni chirurgiche dei bambini dei paesi disagiati, che grazie ai fondi raccolti vengono trasportati, operati ed ospedalizzati nel nostro prestigioso Cardiologico, punta di eccellenza nel settore, orgoglio cittadino internazionalmente riconosciuto.
La seconda è il sostegno periodico che tutte le scuole di Monaco danno annualmente alla maratona Telethon, impegnandosi a raccogliere fondi attraverso la vendita di simpaticissimi gadget (matite colorate, agende, portachiavi e molto altro) a favore dei bambini che soffrono di malattie rare.
Ma la terza iniziativa è ancora più bella.
Perché legata anche a una storia personale, e curiosamente anche al mood del mio romanzo I love Mammy in Montecarlo.
Come sapete, Sylvie Labella è una mamma italiana pazzerella e straripante, trapiantata alle latitudini monegasche, dove la gente è solita a maniere ben più contenute. Una mamma moderna e sportiva, che ama Zumba e la pole dance, e non si rassegna a trascorrere le sue giornate tra i pannolini e i biberon. E in quanto tale, sogna di poter organizzare con le sue amiche una crociera fitness speciale, ospite d’onore: Shakira.
Ebbene, anche questa volta ho avuto la dimostrazione che, come sempre, il destino fa strani giri, ma alla fine sa dove colpire con precisione. Con coincidenze significative che hanno dell’incredibile!
Proprio l’altro giorno mi è capitato infatti di vedere postato su Facebook un video della mitica cantante colombiana.
Non era il solito pezzo mozzafiato dove il suo talento innato dava prodezze di se’ con danze sinuose, ritmi tribali e acrobazie vocali come solo lei sa fare.
Trattavasi bensì di uno speech che stava dando con convinzione e disinvoltura davanti ai sommi esponenti dei paesi più ricchi del mondo, tra cui gli Emirati Arabi. Come forse neanche Michelle Obama sarebbe stata capace, credo.
Sono rimasta a bocca aperta.
Shakira, con un’umiltà estrema e grandissima sensibilità (ma sfoderando una determinazione da Fiona Mei) stava parlando della sua mission. La Fondazione Pies Descalzos per aiutare i bambini della Colombia ad avere un futuro migliore, fuori dalla povertà.
E proprio quel momento, mentre parlava della sua vita e della sua chiamata come artista, ho avuto una chiara illuminazione.
Perché niente avviene per caso. E il fatto che un artista sia concordemente chiamato come una persona “dotata di un dono” (gifted, per le amiche inglesi, o “due’ ” per quelle francesi) ha profondamente senso. Un senso che la semantica trae dal cuore profondo delle cose. Un dono lo si ha dal destino per poterlo restituire al mondo.
Un dono è tale solo se viene in qualche modo condiviso, mediante i percorsi più strani che può mostrarci la vita.
Shakira non solo è un’artista dotata di un grandissimo talento, ma anche qualcuno a cui questo dono è stato dato per uno scopo specifico, come in una “chiamata”. Qualcuno la cui voce non è solo stata attribuita per mera estetica, ma come un’incredibile, irresistibile arma di pace affinché possa agire per aiutare gli altri.
Questa constatazione ha fatto scattare qualcosa in me. O perlomeno nel mio alter ego, l’eroina imperfetta e guastafeste del mio romanzo.
Era il segnale inconfondibile che anche Sylvie Labella avrebbe dovuto impegnarsi nel suo piccolo per cambiare in meglio, almeno un poco, il mondo, e dare il suo apporto.
Detto fatto, eccola alle prese con la ricerca delle varie associazioni che a Montecarlo si occupano di adozione a distanza, in francese le “parrenage”.
Ma i dubbi erano tanti, i pregiudizi anche. Perché di solito, come purtroppo avviene per le grandi associazioni caritative, buona parte degli aiuti economici a loro elargiti vengono dispersi in burocrazia varia. Per non accennare allo scandalo italiano, le solite storie nostrane, come quanto ha riguardato la famosa missione Arcobaleno.
… Ma non avevo fatto i conti che, ancora una volta, qui siamo a Montecarlo, dove ogni sogno può diventare desiderio, e da lì direttamente trasformarsi in realtà.
Per intercessione di fate turchine e maghi speciali dal cuore grande. Come gli aiuti diretti del Principato e il sostegno della comunità monegasca alle associazioni di beneficenza.
Innanzitutto c’è la Fondazione Princesse Grace, storica istituzione direttamente fondata dalla Principessa Grace Kelly con lo scopo di aiutare i bambini meno fortunati. Punta di diamante degli eventi caritativi organizzati è il favoloso Ballo Della Rosa, che ogni anno si tiene a marzo nella lussuosa cornice della Salle Des Etoiles allo Sporting Club di Monaco, a cui partecipano vip e autorità del mondo intero.
Poi ci sono le piccole fondazioni locali, come Mission Enfance, che grazie all’aiuto economico e al sostegno del Principato riescono a donare ben l’85% minimo (se non di più) di quanto elargito dai benefattori, direttamente ai bambini dei paesi disagiati.
Paesi come il Burkina Faso, l’Armenia, il Libano, il Kosovo, la Colombia e molti altri, in cui è possibile adottare a distanza un bambino provvedendo alla sua istruzione o partecipare direttamente a dei speciali programmi per il loro aiuto e istruzione.
In un certo senso la famiglia della mia protagonista si potrebbe allargare, e accanto al turbolento Luchino, Sylvie potrebbe aggiungere tante piccole pesti, che alla distanza ravvicinata delle loro lettere e dei loro disegni avrebbero riscaldato il cuore di questa mamma pazzerella.
Che ogni nostro singolo giorno sia sempre dunque un po’ migliore. Per tutti!
Passerà anche questa quarantena e presto ci ritroveremo a Quaresima compiuta, con un cuore migliore, disposti a capirci e a tollerarci un po’ di più….
L’Amore è il più contagioso dei virus…
Silvia Alonso