Gli anni più belli di Gabriele Muccino

Le migliori canzoni di Baglioni, ma anche un sorso di un buon Bennato sono la colonna sonora accoccolata, agrodolce e moderatamente malinconica di questa carrellata della memoria in salsa revival.

Stessa trama (e persino stesse citazioni) di “C’eravamo tanto amati”, ma senza l’amaro in bocca che sottendevano le riflessione politiche ed esistenziali di Scola.

La rivisitazione di Muccino non può che essere edulcorata e nazional-popolare: vogliamoci bene tra sprazzi di infedeltà, ripensamenti, rimescolamenti del tempo che passa, cambia, dà colpi di spugna e poi miracolosamente si riannoda su se stesso. Ma senza sconfinare nella mediazione karmica (sarebbe troppo rompere gli schemi di una certa retorica cui siamo affezionato da secoli).

Eppure.

Eppure la storia di Gemma (una magnifica Micaela Ramazzotti) persamente innamorata di Paolo (un Kim Rossi Stuart in chiave minore ma credibile) ci fanno rivivere quelle stesse illusioni giovanili. Di un amore puro e incontaminato che sembra volerci sempre scivolare dalle dita, come se fosse lo stretto parente della morte di Eraclito “quando c’è lui, non ci siamo noi”. Facendoti pensare che non sia mai “tempo per noi”, per una generazione (quella dei nati negli anni ’70) che ha solo sfiorato il miraggio del successo, per un breve respiro…. e poi tutto è stato travolto da altro. Il terrorismo, la paura, una serie di crisi economiche ci hanno rubato il futuro e qualche volta anche la speranza.

Paradossalmente, a resistere alle intemperie del tempo, tra sopravvissuti e sopravviventi, l’amicizia e l’amore. Con tutti i loro sconvolgimenti e le infedeltà.

Bravi gli attori, ma non poteva che essere così, visto il cast d’eccezione. Meno la regia, ma del resto Muccino non sembra mai avere voglia di crescere.

Voto: sette e mezzo (Buono)