Un Carnevale Veneziano a Montecarlo

Lo sapevo: è bastato aspettare senza farmi troppe aspettative… prima o poi il giorno della rivincita sarebbe arrivato!

Più che di un sol giorno, a dire il vero, si tratta di un’intera settimana di festeggiamenti a base di balli, musica, ricchi premi e cotillon…. dunque sicuramente una rivincita impegnativa! Che dire? Se la pazienza è l’arte dei saggi, ne è proprio valsa la pena!

Fatto sta che in questo momento, a sorridermi, non ho solo il cielo stellato sopra di me… ma anche un’acrobata sulla mia testa, piroettante su un’ altalena di fiori, che spicca dal soffitto a volta del Casinò.

E se pensaste che sono ancora a Montecarlo… beh questa volta fareste un errore colossale: pregasi di sostituire i Principi coi Dogi, e di fare un salto indietro di almeno trecento anni, quando eravamo noi a dettare legge in materia di arte, cultura, stile e buongusto.

Un tripudio di musiche barocche di Vivaldi, remixate in versione dance, fa da sottofondo a quest’atmosfera da sogno. E tutto è allegria, stupore, incanto. Nel nome della Grande Bellezza italiana. Che bello essere di nuovo a casa!

Ma vediamo di raccontarvi le cose con calma, facendo ordine nei fatti.

Per seguirmi nel mio flashback preparatevi dunque a mettere indietro le lancette dell’orologio, che dovranno fare il giro dell’intero quadrante, a ritroso di almeno un anno. E anche le coordinate geografiche, a questo punto, dovranno un tantino scoordinarsi.

Perché la linea del confine spazio-tempo su cui vi porterò a viaggiare è quella, niente di meno, del volo diretto Montecarlo-Venezia.

Un viaggio di solo andata, perché di ritornare, in questo momento, non è che ne abbia così voglia… Sennonché, considerato il mio ingresso trionfale nel Principato, come la prima delle dame arrivate da un fulgido passato veneziano, le cose da oggi in poi potrebbero mettersi molto bene. Mi si prospetta un futuro radioso e potrò sicuramente lasciarmi alle spalle un passato a tratti discutibile, per non dire da Cenerentola.

Dunque ci eravamo lasciati all’anno scorso. Venerdì, 13 febbraio 2019. E a questo punto chi si intendesse di numerologia o di tarocchi avrà già capito il problema. Non tanto per il fatto che si trattava della vigilia di San Valentino, e transeat… mi ero infatti organizzata per poter festeggiare entrambe le feste in successione tra loro, senza che la prima togliesse l’immagine alla seconda, come invece qui a Montecarlo avviene, molto spesso, tra le Madames locali. Insomma: non ci sarebbe stato nessun calpestamento di piedi tra le successive ricorrenze. Tutto sarebbe stato animato da una perfetta par condicio, un equilibrio ammirevole che avrebbe soddisfatto le mie più frizzanti smanie carnevalesche con le più rosee aspettative legate alla festa degli innamorati.

Ma siccome tutti sanno che il due è un numero ontologicamente instabile, l’immediata successione di due ricorrenze modaiole, quasi in conflitto tra loro, avrebbe quantomeno necessitato di un terzo evento neutralizzante. Un qualche Halloween di turno che, per esempio, dopo il tema del divertimento folle e della celebrazione dell’amore, introducesse quantomeno il concetto di aleatorietà del vivere.

Fatto sta che, invece, così non è andata, ma del resto me lo aspettavo. Mai mischiare il profano al sacro: il cinismo beffardo tipico del carnevale mal si concilia con lo slancio sentimentale, quasi sacrale, della festa dell’amore.

E forse proprio per questo doveva essere che Venere se l’era legata al dito. Mettere in successione la sua festa dopo le mascherate del Carnevale? Chi aveva osato una tale dissacrazione?

Compralo-su-Amazon

Dunque avrei dovuto cogliere quell’implicito avvertimento del calendario e ritirarmi in buon ordine rinunciando a una delle due ricorrenze. Almeno al Carnevale, intendo. Ma siccome tutte le mie amiche avevano già prenotato festa, abito e tavolo in prima linea tra i VIP più in vista del Principato, non era proprio cosa! Piuttosto avrei anticipato la quaresima di una settimana astenendomi dai miei piccoli vizi quotidiani, tipo la pole dance, la cioccolata calda o lo champagne, ma mai mi sarei tirata indietro per la festa di Carnevale.

Così ho persistito nei miei propositi. Peccando di ingenuità. Non avevo infatti calcolato che nello storico e prestigioso Ycm le feste non sono solo belle, eleganti e indimenticabili. Ma qualcosa di più. Registi, coreografi e scenografi di fama internazionale vengono chiamati dai set cinematografici più dispendiosi del mondo per studiare gli scenari che dovrebbero allettare le nostre fantastiche serate monegasche (o quasi, insomma). Che all’occorrenza si trasformano in indimenticabili serate veneziane, rigorosamente a tema.

Così, quando per la prima volta ho messo piede a quella festa, cioè proprio l’anno scorso, quel dannato venerdì tredici, non avevo parole.

Innanzitutto perché ho creduto che l’unica differenza tra il Venice Hotel di Las Vegas e il nostro Yacht Club de Monaco stesse nel fatto che, pur avendoci provato, pompare l’acqua del mare al primo piano per ricostruirci un Canal Grande con dei gondolieri d’eccezione (i bellissimi istruttori di fitness) fosse cosa un po’ troppo esosa anche per loro. Così alla fine hanno desistito: per il resto l’effetto mozzafiato era uguale.

In secondo luogo non avevo parole per il mio senso di relativa inadeguatezza con l’ambiente circostante.

Okay. Se mi fossi trovata nella mia “Milano da bere”, a una delle feste cui ero solita partecipare, con o senza alcol, nessuno ci avrebbe fatto caso, e anzi avrei fatto la mia bella figura. Originale, unica, iconica, esotica, divertente, provocante, irruente, ammaliante. Questi gli aggettivi che negli anni mi sono stati attribuiti. Dato il fatto che, dopo aver maturato oltre vent’anni di saggi di danza alle spalle con i relativi costumi (dispendiosissimi, credetemi) a cui si sono aggiunti quelli delle ultime “correnti” in cui mi sono attualmente specializzata (la danza orientale e il flamenco) ho sempre “riciclato”, a ruota, uno di questi “unici” costumi. Inventandomi, a seconda dei casi, personaggi come “l’Odalisca”, “la Gitana”, “la Geisha”, “la Regina delle Nevi” e così via.

Del resto quale poteva essere la differenza tra me, che usavo degli autentici costumi di teatro, e chi se li andava appositamente a noleggiare nelle sartorie specializzate?

Ma eravamo a Montecarlo, dove le cose non funzionano secondo i normali codici borghesi, o milanesi che sia.

Qui tutto è studiato nei minimi dettagli, come il frutto più raffinato di una lunga e meticolosa pianificazione che non deve mai lasciare nulla al caso. Le Signore (pardon: volevo dire le Madames) si portano avanti con circa un anno di anticipo per farsi cucire su misura gli abiti sartoriali, confezionati con pregiate stoffe damascate o in seta. Tema unico e insostituibile: il Carnevale veneziano.

Dunque, se sono solite ridersela degli abiti teatrali noleggiati per la ricorrenza, figuratevi vedersi sfilare davanti una tizia che, entusiasta dei risultati ottenuti tra danza e palestra, cerca di unire l’utile al dilettevole e ne approfitta per calcare le scene nei panni di un’odalisca da Mille e una Notte? Insomma: convinta di indossare un costume a cinque stelle, alla fine mi sono più che altro sentita una piccola stella senza cielo….

odalisca silvia alonsoNonostante avessi scelto il migliore dei miei costumi. Direttamente comprato nell’ultima vacanza a Dubai, boutique interna all’Atlantique Palm, mica uno scherzo! Uno scintillio di colori sgargianti impreziosito dalle monetine della cintura. Che evidenziavano la mia abbronzatura dandomi l’aria di essere appena reduce da Bollywood (l’effetto era splendido: era bastato usare il giusto auto abbronzante e tutte si sarebbero convinte che avessi il jet privato fisso sulla tratta Montecarlo-Emirati).

Ma si vede che non era stato abbastanza, e forse le mie grazie generosamente evidenziate le aveva ingelosite (eppure avevo scelto apposta il costume, dopo aver visto al cinema il nuovo Aladdin…).

Fatto sta che mi ritrovavo a sfilare con un certo imbarazzo tra le astanti. E pure le mie amiche di sempre, Lucrezia e Vicky, non erano riuscite a trovare le giuste parole per stemperare la tensione crescente tra i tavoli.

Pareva che molte, tra le invitate, l’avessero presa per un affronto. Una specie di manifesto politico per non so bene cosa, visto che gli arabi in Costa Azzurra sono bene accolti e pure integrati, tra yacht d’eccezione e beni di lusso. Ma a quella festa, mannaggia a me, di Sherazad o Jasmine con cui stringere amicizia neanche l’ombra! Sembrava che fossi irrimediabilmente sola.

In compenso, tutte si erano improvvisamente trasformate in fervide sostenitrici del Made in Italy all’estero.

Roba da non credere! Forse proprio perché era Carnevale, il microcosmo monegasco stava andando alla rovescia.

Quando ecco che è successo l’inevitabile.

Facevo finta di pavoneggiarmi con sforzi enormi tra la folla di invitati, ballando indifferente agli sguardi indagatori dei miei vicini di maschera, quando non ho potuto fare a meno di incrociarle.

Erano le Colombine (avvelenate) di sempre. Le mie odiosissime nemiche. Svetlana, Patricia High Heels e la finta libanese. Tutte e tre impeccabilmente vestite da damine del Settecento.

Il loro sguardo di scherno a me diretto era talmente penetrante da riuscire a farmi creare il vuoto intorno. Una specie di messa al bando pubblico, una palese dichiarazione di indegnità volta a farmi estromettere dalla festa, come se fossi stata una qualche indesiderata intrusa. O ad esempio una pericolosa spia.

Credo che infatti l’idea fosse giusto giusto nata in seno alla più pericolosa delle tre, che sul tema se ne intendeva parecchio (la finta libanese) e successivamente fosse stata rielaborata da Svetlana, complice l’intellighentia russa, cioè una certa propensione per le indagini in stile servizi segreti. Nel suo caso: più che di intellighentia, si sarebbe potuto parlare di vera e propria stupidità condita da una dose di razzismo nei confronti di noi italiane esuberanti, dotate di spontaneità, fantasia e naturalezza. Una specie di boicottaggio dell’autentico made in Italy, insomma, travestito da “protezionismo del tema della festa”. Perché il tutto si riduceva infatti a una mera “questione di principio”.

In pratica: chi ero io per potermi permettere di infrangere il dress code della festa?

Dovevo essere messa subito al bando.

Giacché di certo non ero né un’autentica veneziana, né una regolare araba nostrana. Di monegasco poi, non ho mai avuto niente!

Hanno quindi fatto in modo di lavorare in sordina (anche perché la musica alta, proveniente dalla consolle del DJ, non permetteva a nessuno di sentire cosa stesse accadendo) contattando il Mossad della situazione. Ovvero la security interna.

Accorsa questa, allarmata, mi è toccato aver le mie belle gatte da pelare. Fortuna ha voluto che avevo il mio asso nella manica: sono sempre stata brava in storia, storia dell’arte e storia del costume. E quindi, sebbene non sia stato così facile persuaderli, alla fine me la sono cavata per buona condotta.

Li ho convinti grazie all’argomento che proprio ai tempi della Serenissima erano molto forti i legami tra Venezia e l’Impero Ottomano, di cui la capitale, Bisanzio (oggi Instanbul), aveva ispirato arte e architettura locale. Ebbene: proprio in qualità di odalisca si giocava “storicamente” il mio ruolo. Erano famose e rinomate le “odalische bizantine” ospitate alla corte dei Dogi durante la ricorrenza del carnevale. Trattate come delle regine in virtù delle ricchezze che proprio da Bisanzio erano approdate alla Serenissima (e da lì, ovviamente, a Montecarlo il passo era stato breve). Se non ci credevano, che si andassero a leggere l’ultimo Dan Brown che parlava di come erano andati a finire sulla facciata della Basilica di San Marco i cavalli in bronzo provenienti da Bisanzio, e che successivamente Napoleone aveva fatto in modo di trafugare a sua volta. (Come dire: nemo propheta in patria….). Okay: a quel punto l’avevo presa un po’ troppo alla larga ma ci stava…

Sebbene non fossero del tutto convinti, devo dire che un certa sensibilità per la cultura li abbia ammorbiditi. E dunque mi sono sentita guardata di colpo in maniera differente.

Da odalisca dall’ambigua reputazione a professoressa dalla stimata posizione. E come tale riabilitata agli occhi di tutti, alla faccia delle mie nemiche! Altro che “fate ignoranti”. Quelle colombacce petulanti!

***

Ma oggi, nel 2020, le cose sono diverse.

Senza neanche un anticipo di sei mesi, ma con una semplice prenotazione di qualche settimana prima, dopo essermi comprata il costume autenticamente più veneziano e settecentesco che ci sia, sono atterrata direttamente in loco.

Per festeggiare a Venezia.

Il Casinò, l’Hotel Danieli, La Ca’ d’Oro, l’Hotel Baglioni. Solo alcune delle tappe più importanti che mi stanno vedendo protagonista nel mio abito dorato.

Ovviamente ho già postato sui social (Facebook e Instagram in primis) tutte le foto del caso, coi tag indirizzati a Montecarlo e a tutto l’entourage.

Sono certa che quando le mie simpaticissime nemiche vedranno come sono stata accolta dalla mia terra natia, in pompa magna, altro che piangere!

E… a proposito di colombine. Ho fatto pace anche con loro. Quelle vere intendo.

Approdata in Piazza San Marco giusto per l’ora del lancio, eccomi in prima fila a fare il tipo per la Colombina dell’anno: Linda Pani. Bionda, fresca, semplice e vera. Come direbbero gli spagnoli: “muy Linda”, di nome e di fatto.

Linda Pani e Silvia Alonso

 

Che questo non ce lo potranno copiare mai, né a Las Vegas né a Montecarlo. A meno di improvvisare il lancio direttamente dalla Rocca, a picco sul mare e tra gli scogli locali, ma volete mettere la differenza?

A ciascuno il suo, dunque.

A loro lasciamo il favoloso Ballo della Rosa.

E noi ci teniamo i nostri balli, le colombine e le rose locali.

Perché una rondine non fa primavera.

Ma la colombina giusta, sul far della primavera, fa di certo il carnevale.

 

Compralo-su-Amazon