Il Natale a Montecarlo è alle porte. Le strade si tingono improvvisamente di colori, di luci, di favolose decorazioni che puoi vedere ovunque, come in un mitico paese dei sogni: un salotto a cielo aperto, con giostre volanti per i più piccini e cioccolate fumanti per i più grandi (mamme golose incluse).
La festa della Pace, dell’amore, della comprensione reciproca (in generale almeno…). Ma anche del glamour più sfrenato, se proprio vogliamo dirla tutta!
Perché Montecarlo è anche questo (ecco perché la amo tanto): una perfetta compenetrazione degli opposti, il punto di congiunzione tra la tradizione cristiana e la moderna New Age, e bando a ipocrisie generali.
La sapete infatti la verità? Se il Bambinello ha proprio voluto nascere in una capanna, nulla vieta di ricostruirla più bella, con un tocco glitter, tante palline colorate e mille luci da farla sembrare lo Chalet più chich del mondo! Dove ovviamente, in tutto comfort, le eleganti Madames locali potranno alternare la loro passione per lo yoga allo shopping, conciliando mondanità e spiritualità.
E così in questi giorni il nostro Principato si è trasformato in una sfilata di mini chalet di lusso in vero stile nordico, con pini e agrifogli ovunque. La sensazione, per un attimo, è quella di essere approdati in Finlandia… Tranne il fatto che qualcosa non coincide con quelle latitudini più rigide.
Certo: nell’aria un sottile sapore di inverno inizia già a pungere la pelle. Ma salta alla mente che mancherebbe la neve a completare il quadro: parlo di quelle storiche nevicate capaci di avvolgere con il loro manto ogni angolo della città, trasformandone persino l’identità. Da chich a chabby, da urban-style a country-side, il passo è breve: lasciate fare al Grande Papà Inverno, fidatevi!
Eppure le cose non stanno esattamente così. Perché in barba a tutti, il manto incantato esiste pure qui, bianco e soffice più che mai, e persino ecologico! Un tappeto gigantesco che ha ricoperto le piazze più importanti del Principato, impreziosendo la città con vantaggio di noi fanciulle modaiole, amanti del fashion e del tacco dodici.
Ora sfido chiunque a camminare nella neve con delle meravigliose Laboutin ai piedi, o delle creazioni di Mercedeh: a parte la certezza di slogarti la caviglia, ti rovinerai le tue preziose opere d’arte. E invece ecco risolto il problema! Un bel tappeto bianco, elegante e pratico, su cui potrai agilmente sfilare per le vie del Principato come una vera diva sul walk of fame. Geniale, non trovate?

Ecologico in senso profondo, non solo per il basso impatto ambientale con ampio ritorno estetico (è lavabile e riciclabile), ma soprattutto sostenibile, in quanto rispettoso del lavoro delle categorie più deboli. Insomma: non costringe nessuno a spalare neve e a buttare sale per i marciapiedi. Che il sale per terra , lo sanno tutti, porta iella: sia mai che evochi una qualche calamità economica, un capovolgimento peggio della Crisi del Ventinove. Qui a Montecarlo sarebbe un vero disastro, ovviamente! E quindi, via libera ai tappeti bianchi a profusione, con l’augurio che prima o poi riusciremo anche a battere Dubai e le sue piste. Sciare con gli strass ai piedi diventerà presto la nuova tendenza locale. E chi ha orecchie (e sci) per intendere, intenda!
E siccome “come in cielo, così in terra” tutto qui si rispecchia come in un’armonica corrispondenza olistica, anche i cieli della città riservano grandi sorprese: un vero trionfo di musica e melodie natalizie.
Così che io e il mio Luchino ci dilettiamo a passeggiare per strada avvolti da questa meravigliosa atmosfera. Hanno persino messo la mia canzone preferita! La adoro: mi ricorda che gli anni Ottanta non finiscono mai, e che noi siamo ancora gli stessi bambini di quando Charlie Brown faceva il pupazzo di neve insieme a Snoopy… e senza i sarcastici commenti di Lucy, che per l’occasione diventava più buona! La nostra mitica canzone, oggi è più che mai di moda, visto che è persino diventata la colonna sonora dell’ultimo film natalizio, suo omonimo. Parlo del tormentone Last Christmas di George Michael: una musica che quando la senti puoi dire: “adesso si’ che è Natale”!
Insomma io e il mio Luchino ci troviamo avvolti dall’euforia di questa atmosfera, nel cuore pulsante del Natale monegasco. La Disneyland locale di grandi e piccini, appositamente allestita per rendere indimenticabili questi giorni di festa. È il meraviglioso Village de Noel costruito nel Port Hercule, ovvero nello stesso posto dove a fine maggio si ergono gli spalti della leggendaria Formula Uno. (… Dopo però non stupitevi se il vostro frugoletto, da sempre amante delle macchinine, se ne stia appostato per ore alle partenze per vedere se la slitta di Babbo Natale si decide a decollare…).
Ma, si sa: a Montecarlo tutto è possibile, dunque si tratta solo di un piccolo morphing temporaneo, limitato allo spazio del Porto, per farci viaggiare nel tempo dei grandi temi del passato. I mercatini di Natale, la suggestione del Nord e le sue tradizioni storiche. Fin qui, tutto bene.
Le cose però si iniziano a complicare quando il tuo simpatico frugoletto, che ha iniziato a parlare da meno di due anni ma conosce già tutto in termini storico-geografici, deciderà di metterti in croce. Perché qualcosa non lo convince, e dunque si ostina a ripeterti incalzante la domanda: “Ma come mai hanno messo quegli omini gialli col pelo proprio vicino alla casa di Babbo Natale?”. La domanda non è affatto casuale, non fatevi ingannare dalla sua vocina ingenua. Credo che metterebbe in difficoltà anche un fino esperto di antropologia e scienze umane. Fatto sta che, in sintesi e senza tirare in ballo la geopolitica, credo proprio che abbia ragione lui. Gli eschimesi, che dovrebbero vivere in Groenlandia, non ci azzeccano proprio un bel nulla con la casa di Pere Noel, equanimemente individuata in Lapponia. E lui che deve averlo intuito ha deciso di farne il cavallo, anzi la “renna di battaglia” della sua personale ritorsione. Ora dico: non è che le maestre potrebbero stare un po’ più sul vago quando spiegano la geografia ai bambini?
Il punto è che quest’anno hanno scelto un tema, quello del Villaggio di Noel, che non è affatto facile per noi mamme. Mica come gli anni passati.
Mi ricordo tutto perfettamente: due anni fa c’era la Russia, con la sua tundra e le sue tradizioni: te la cavavi spiegando cosa sono le matrioske (quattro bamboline incastrabili l’una dentro l’altra come le sorprese dell’ovetto Kinder) e poi potevi filare via liscio indicando entusiasta gli avatar di Masha e Orso. L’unico effetto collaterale era che per i successivi sei mesi l’ovetto Kinder fosse collegato al Natale e come tale considerato sacro (con buona pace per l’uovo di Pasqua, miseramente surclassato) ma pazienza.
Poi c’è stata la Finlandia, quella che io ho amato di più (infatti è anche la più semplice da affrontare, non sottende insidie varie): potevi allegramente spaziare dagli gnomi a gli elfi della loro mitologia virando pure sulla favola di Frozen (pardon, qui ci tengono al titolo autentico: trattasi della Regina delle Nevi, solo molto dopo rivisitata dall’imperialismo americano della Disney). Se poi mi fosse capitato, per caso, un piccolo scivolone sul fuori tema Pippi Calzelunghe: beh, pazienza. Colpa di un vecchio legame con la famosa serie Tv, un classico per la mia generazione.
Ma quest’anno no. Quest’anno temo che tutto abbia cospirato per mettermi sadicamente in difficoltà con la mia piccola peste. Mica si accontenta di due o tre spiegazioni sbrigative che liquidino via le sue curiosità enciclopediche. Cara mamma: mi costringi a svegliarmi ogni santo giorno alle sette del mattino per andare a scuola? Ed eccoti ripagata della giusta moneta.
Fatto sta che l’incoerenza per la vicinanza degli eschimesi con la Casa di Babbo Natale proprio non gli va giù. Uguale sorte per i cani husky che dovrebbero tirare la slitta. Guai a dirgli che è un omaggio a Zanna Bianca. La sensibilità dei bambini moderni è ormai inconsciamente influenzata da tutte le contestazioni animaliste possibili, che agiscono come un trampolino di lancio, anzi una rampa lanciamissili, contro lo sfruttamento delle categorie più deboli. Non se ne esce vivi.
Per fortuna che a causa della mitezza del clima almeno gli igloo sono finti, così mi è stato risparmiata la spiegazione sul “come mai esistano le case di ghiaccio al mare”.
Che in materia scientifica, lo ammetto, faccio acqua da tutte le parti. Senza il ghiaccio dentro però!
Provata da tanto spirito critico, riesco finalmente ad avvistare la possibile via di salvezza dal mio piccolo inquisitore. Praticamente ho la stessa sensazione di quando nel bel mezzo di un deserto si avvista un’oasi. Due bellissime giostre che mi chiamano fanno capolino dal fondo del villaggio. Fungendo da ipnosi temporanea per le smanie enciclopediche del mio piccolo. Credo sia giunto il momento di cogliere l’occasione per fiondarmici a pesce (fuori dall’acqua , questa volta!). Mi avvicino con molta cautela e circospezione: sia mai che le cose, quando sono troppo belle, rischiano di essere un’allucinazione prodotta dal nostro inconscio. È il desiderio il motore immediato di tutto, ricordatevelo sempre, ancor più dell’amore. Ma per fortuna, una volta giunta alla meta, constato che non si tratta di una visione e dunque le due giostre sono molto praticabili, per il modico biglietto di 3 Euro al giro. Una bazzecola, se pensate che a questo mondo tutto è relativo: lo stesso costo, per i locali, di un caffè al tavolo, anche se in Italia ci riusciresti a fare il giro del mondo in un giorno (con o senza il “calcio in culo”).
Innanzitutto c’è l’immancabile Carosello, un classico di ogni Luna Park. Addirittura meglio di quello di Mary Poppins: anche perché qui, nel caso in cui i cavalli si staccassero per un’improbabile caccia alla volpe, si scatenerebbe l’inferno. Non tanto per i cavalli, (e sì: ovviamente per l’ incolumità dei nostri bambini), ma più che altro per il problema dei vari permessi. Qui la libera iniziativa è sicuramente tutelata, ma previo il rispetto di rigorosi parametri a cui è subordinata la licenza, e se sgarri apriti cielo! Ma non sono cavalli italiani, dunque non ci sono rischi di potenziali abusivismi.
E poi lui, la vera novità dell’anno: un gigantesco Arbre Magique di Natale, dove le enormi palline sono eleganti cabine che girano solo per divertimento, e infatti sono pure dorate, e quindi non solo ruotano, loro, ma volano che è un piacere!
Esaurite le incombenze più urgenti e improrogabili, posso finalmente concedermi di rilassarmi davanti a una cioccolata calda. Giusto il tempo di acquistare prima qualche cappellino simpatico per riscaldarmi un po’, che inizio ad avvertire le prime morse del freddo.
Quando avvisto la bancarella una tentazione irresistibile. Che faccio, oso?
Vi confesso che il film Last Christmas mi ha talmente influenzato che anch’io vorrei indossare l’outfit esclusivo della protagonista, l’ultima moda di quest’anno. Soprassedendo sul vestitino verde bordato di bianco, posso dunque permettermi soltanto il copricapo. Un simpatico cerchietto con le corna da renna. Perché no, direi? Apotropaico.
Tutti sanno che l’omeopatia è ormai una scienza rinomata e stimata. In base alla quale si puoi curare un male assumendo piccole dosi dello stesso principio. Ma io non ci credo affatto, anche perché proprio non ne ho bisogno, e preferisco di gran lunga affidarmi ad antiche pratiche quali la scaramanzia (del resto fa rima con oroscopi e cartomanzia, no?). E siccome per ora il mio solido rapporto con Guido, il padre di Luchino, è granitico e indiscusso, nulla mi può scalfire. Al massimo, lo potrei appunto fare come un mero gesto scaramantico. Si evoca qualcosa che non si teme del tutto, un po’ come ad Halloween, per scongiurarne il suo reale accadimento sul piano concreto. Statisticamente lo trovo comunque una trovata geniale: ti metti, letteralmente, le corna da sola così, nel caso, abbassi comunque le possibilità che la vicenda si concretizzi dal punto di vista reale.
Così, dopo una serie di dibattiti interiori sui vari pro e contro, il mio Foro interiore decreta il verdetto finale: si può fare. E aggiudicatomi il mio cerchietto da renna mi siedo amabilmente a gustarmi la cioccolata.
Quando qualcosa deve essersi inceppato nel mio calcolo statistico delle probabilità. Ovvero: forse il calcolo era anche giusto ma avevo sbagliato equazione. Perché la iella di essere sorpresa al momento sbagliato con il cerchietto sbagliato, e soprattutto dalle persone sbagliate, non era stata da me considerata. E così poco ci manca che la cioccolata calda non mi si versi sul cappotto immacolato. Di fronte a me, uno spettacolo agghiacciante. Se si considera infatti che mi sono messa in prima linea vista piscina mare all’agghiaccio. Parlo della piscina gigantesca del Port Hercule che per l’occasione viene trasformata da una qualche Regina Delle Nevi in pista da pattinaggio invernale.
Con due acrobate per eccellenza: le odiosissime Svetlana e Patricia High Hills si pavoneggiano nelle loro piroettes invernali, accipicchia. La prima, una russa d’hoc, è l’ideale incarnazione della diabolica Strega Bianca di cui alle Cronache di Narnia. La seconda, la sua ideale cadetta, ne è l’apprendista in arti occulte, tra cui l’insediare i mariti o i fidanzati altrui. Per l’occasione senza tacchi, ma gli alti e affilati pattini compensano alla grande.
È troppo tardi ormai per nascondermi, la frittata è fatta (e la cioccolata pure), e non mi resta perciò che sostenerne lo sguardo sarcastico, facendo buon viso a cattivo gioco.
Il messaggio in codice sotteso a tutto questo è chiaramente decifrabile, ma io non mi lascio scalfire da queste bassezze. E subito, restituendo pan per focaccia, visto che mi trovo per giunta vicino a una bancarella che vende la storica “socca” (detta anche farinata di ceci) mi lascio trascinare dall’ispirazione. E guardando il mio Luchino colgo l’occasione per improvvisare a braccio.
“Tesoro, hai visto le due Befane sui pattini? Non sono meravigliose?”
“E come mai non hanno la scopa e il cappello?”
“Perché oggi la Befana si è evoluta, amore. Innanzitutto ha messo su un franchising, che fare tutto da sola era diventato impossibile. E poi si avvale di moderne tipologie. Come la Nimbus o, in mancanza, dei pattini volanti. A seconda delle esigenze”
“Ma non era vecchia e brutta?”
“Una volta! Adesso il botox, unitamente al ritocco di ciglia e labbra, fanno miracoli…mai lasciarsi ingannare dalle apparenze quindi!”
E così mi prendo la mia rivincita.
Ovviamente non sono sicura che Svetlana abbia subito colto la mia esplicita allusione. Ma sicuramente quella finta santarellina di Patricia, che in realtà è italianissima (ma finge anche nella nazionalità) provvederà presto a spiegarle tutto.
Perché la verità è una, e voi non ci crederete.
Il 6 di gennaio i bambini monegaschi, dopo la pausa natalizia, tornano a scuola. Per loro non esiste l’Epifania. Sembra strano, non so quali implicazioni abbia tale festa per non essere riconosciuta proprio qui nel Principato, e in Francia in generale, ma i Re Magi non vengono festeggiati.
Una spiegazione, in realtà, l’avrei. Vi do solo qualche indizio e lascio a voi intuirne il seguito, liberamente interpretabile. Per la Francia: la rivoluzione li ha segnati a tal punto che la foga giacobina è arrivata a prendersela persino con gli antichi Saggi d’Oriente. Che erano re soprattutto nello spirito, ancor prima che nelle ricchezze e nei possedimenti.
Invece, nel caso del Principato, è tutto molto chiaro credo.
Pensateci bene. La comunità italiana qui, pur essendo una minoranza, è comunque molto importante. E in Italia si festeggia la Befana. Sinonimo, a queste diverse latitudini, di ogni potenziale disgrazia da evitare come la peste: povertà, vecchiaia e bruttezza. Il fatto che però sia buona e generosa direi che a questo punto sia più che trascurabile. Per il sentire comune, la cosiddetta sensibilità popolare (si fa per dire) questo è più che sufficiente: intollerabile, direi. Peggio delle Erinni.
La federazione delle Madames locali deve essersi talmente compattata contro tale usanza da loro ritenuta assurda e sessista, che alla fine hanno vinto loro.
Povera Befana: bandita dal Principato e destinata per sempre all’oblio.
Che ci volete fare? Alla fine hanno le loro ragioni, pensateci. Con tutti gli sforzi che si fanno e la profusione di denaro per stare al passo coi tempi (linea, botox, unghie e parrucchieri come must assoluti), che andare controcorrente avrebbe dell’illogico. Mica si possono fare sponsor della trascuratezza! Ne andrebbe persino dell’economia locale, e crollerebbe un intero sistema.
Vaglielo a spiegare invece, che anche la Befana sottende un profondo significato omoeopatico. O scaramantico, che dir si voglia.
Ma vuoi mettere lo spirito autoironico di noi italiani?
Non ce n’è: ho deciso che a parte il cerchietto da renna, ogni tanto anche un giro di scopa per la casa non guasta. La sinergia dei due oggetti saggiamente dosata aiuta a stare in forma, mantiene giovani e allontana il malocchio. In base ai principi olistici, che uniscono lo Ying allo Yang. Maschile e femminile. Le renne di Babbo Natale e la scopa della Befana.
Buon Natale a tutti allora!