È sabato 23 novembre. La pioggia scende copiosa, come non mai. Siamo nel bel mezzo di un uragano, le Ferrovie hanno sospeso la circolazione dei treni e l’aeroporto di Nizza ha rimandato molti voli. Tutto è avvolto nell’incertezza, sospeso come in una parentesi del tempo che ci costringe a fermarci nella corsa ininterrotta della vita.
Ma forse questa pausa gigantesca e forzosa da ogni impegno può essere vista come l’occasione per renderci conto, per contrasto, dei piccoli miracoli della quotidianità.
Come il fatto che, nonostante tutto e tutti, la programmazione del concerto del grande Vicente Amigo alla Sala Garnier dell’Opera di Montecarlo, non è stata annullata.
Ma questo è solamente il primo di una serie di piccoli eventi straordinari che destano la mia attenzione. (A dire il vero alcuni di loro mi strizzavano l’occhio da un po’, chiari ed evidenti come le insegne luminose nei teatri di Broadway, ma pareva che io mi ostinassi a non volerli vedere). Tipo il fatto che proprio in questi giorni cade il mio compleanno. E che sono un’appassionata di flamenco oltre che una sua diligente “adepta”, in quanto amante della danza, cosa di cui del resto non ho mai fatto mistero. Una passione che condivido quasi equamente per le musiche e le movenze mediorientali: parlo di quelle melodie così ipnotiche ed avvolgenti che ti senti improvvisamente catapultare nei racconti più onirici de “Le mille e una notte”.
Particolare trascurabile, però: vivendo da tre anni a questa parte nell’elegante Montecarlo, inutile raccontare come né le atmosfere gitane, i ritmi e i colori andalusi (così vividi e stratificati) né le sinfonie mediorientali vengano quotidianamente magnificate da queste parti. Questa è la patria per eccellenza della musica sinfonica, così come della danza classica. Tanto per essere più precisa con riferimenti contestualizzati: la Filarmonica di Montecarlo sta alla musica classica come, a sua volta, Le Ballet de Montecarlo sta alla danza classica. Tutto eccellente, ma rigorosamente legato alla storica tradizione delle monarchie europee.
E invece ho dovuto ricredermi.
Sapevo del resto che erano già diversi anni che in occasione del Festival del Jazz, che si tiene a cavallo dei mesi di novembre e dicembre, l’ordinaria routine monegasca tende a capovolgersi, come se venisse a instaurarsi un nuovo ordine delle cose, e tutto, per il pur breve periodo di due settimane, assume un nuovo sapore. Atmosfere esotiche, ritmi tribali, strumenti desueti, contaminazione con culture diverse da quelle delle nostre quotidiane latitudini.
Ed eccoci qua. Il destino ha chiaramente deciso di farmi uno smacco, prendendosi forse simpaticamente gioco di me. Scardinando le mie certezze che, qui a Montecarlo, il flamenco e la musica mediorientale siano dei perfetti sconosciuti (e neanche poi tanto i benvenuti…).
Proprio il giorno del mio compleanno eccoti in programmazione un evento speciale.
La programmazione del Festival del Jazz regala una doppia esibizione: il Trio Jobruan, pluripremiato gruppo musicale palestinese di musica mediorientale dalle incredibili sonorità avvolgenti, e il grande Vicente Amigo. Alias: la principale stella dell’attuale firmamento musicale del mondo andaluso, un genio della chitarra e della composizione, da tutti conosciuto come l’erede del grande Paco De Lucia, suo maestro indiscusso.
Ed è a sua volta curioso, del resto, che sia il flamenco che il jazz abbiano un forte punto di incontro. Sono rispettivamente il risultato di una commistione di culture, stratificata e rielaborata nel corso di vari decenni, con alle spalle altrettanti periodi di silenziosa maturazione, esplosa poi con tutta l’irruenza in un’innovazione secolare. Ritmo, melodia graffiante, dolore e lacrime che esplode in un pianto dirompente, e poi la voce modulata di un inno alla vita, perché alla fine prevale, sempre e comunque, la forza di sopravvivere con fierezza.
E così l’immensa luna che sovrasta la scena, a logo del Jazz Festival, si tinge di rosso. Diventando un gigantesco pois, come i motivi delle gonne e dei ventagli del baile flamenco. Una luna rossa tinta di passione e tanta poesia.
L’esibizione del Maestro Vicente Amigo è sensazionale. La musica gli scorre sulle dita come se provenisse da un’altra dimensione e lui ne fosse il degno medium, con una naturalezza stupefacente. L’eletto tra i mortali. Ma a discapito di questo immenso talento nel comporre e interpretare melodie struggenti, Vicente non si lascia prendere dai propri miti, e resta autentico con tutta la semplicità di un vero artista. Comunicativo col suo pubblico, si diverte anche nei ritmi più tradizionali di Tangos e di Buleria, dove per l’occasione invita al baile il bravissimo Juan Maya.
Il concerto offre al pubblico una bella carrellata dei suoi maggiori successi, primo fra tutti la grande composizione “Autoritratto”. Una composizione poetica che è il degno testimone della forza evocativa, drammatica ed iconica dell’opera di Federico Garcia Lorca, poeta per eccellenza del cante jondo.
Tutto questo è stato pura bellezza.
Un regalo del destino che ha voluto stupirmi, proprio il giorno del mio anniversario, forse per sorridermi dall’alto del suoi occhi e farmi capire che, di fronte a lui, anche la più granitica certezza, in fondo, è sempre e comunque relativa.