Quando per la prima volta ho visto il film “Leon”…è stata come una folgorazione. Era come se l’odore acre del protagonista mi fosse familiare. Quella malinconia negli occhi, l’amarezza del sopravvivere, eppure un sogno, ancora, nascosto nell’angolo più remoto dell’anima. Perché non si sfugge da se stessi. Come la ragazzine del film anch’io volevo crescere in fretta, diventare grande. “Presto nella mia vita fu tardi”…(così dice Marguerite Duras nel suo romanzo-L’amante-). E io volevo uscire dalle mura del paese in cui vivevo. Dall’aria stretta che respiravo (regime catto-conservatore). Volevo la minigonna, i rossetti e le calze a rete. Ma ero solo una ragazzina e sognavo. Di scappare. E mi innamoravo idealmente di quelli come Leon. Che hanno la nostalgia negli occhi, e un cuore caldo. E ti portano lontano nei sogni. E li sfiori solo e non dovrai mai diventare reale. Perché allora tutto cambierebbe. Non ci sarebbe una pioggia sottile a bagnarti il viso. Ne’ un raggio di sole tenero a nutrire la tua piantina.
Leon. Quanto ho amato idealmente Jean Reno?
Abbracciami
perché gli amori sono fatti
a volte di nebbia
e muschio bagnato di pioggia.
non puoi toccarli, sfuggono
a volte segreti
inconfessati,
ti scavano dentro
come abissi.
Abbracciami perché due atomi di nulla
colmano il vuoto
e lo sentì il sapore acre
sulla pelle e il brivido
d’abisso e quel senso
di infinito?
Dove tutto nasce
e’ già passato
E tremo, e sento che
niente, in questo istante
Su di noi
è mai tornato .