La circolareita’ ne è l’essenza.
La rotondità, la pienezza delle Forme. Come un uovo. Con un cuore morbido e dorato, che esplode nella sua solarità da Pianeta.
Tutto gira…proprio come il Carosello. Della giostra. Della giostra degli animali.
L’illusione è talmente reale, e la realtà si confonde con l’illusione, che non sai più se sei finito in una tela di Botero, o se è quella tela a trasformarsi nel Circo.
E tra Montecarlo, la città del Circo, e Botero, c’è sempre stato un sottile legame. Lo vedi nelle statue che sfilano davanti al tendone di Fontvieille, come divinità del passato. Prosperose dee Madri. Veneri rigogliose . In contrasto con la volatilità delle trapeziste, la loro evanescente e sfuggevole fisicità.
Ma se tutto e’ circolare come una ruota, le acrobazie funambolesche ti riportano alla vertigine del confine tra vita e morte. Nello slancio di un salto. Nel lancio di un coltello. Nell’equilibrio precario di un filo.
E allora il contrasto tra la fisicità degli animali esotici (elefanti, cammelli, tigri) e l’evanescenza dell’artista si fa radicale.
Unico ancoraggio alla Terra , e dunque alla vita, è il ritorno alla rotondità della forma. Le proporzioni telluriche che Botero ci restituisce.
Come nella canzone (di De Gregori) “La donna cannone”.
Inversamente proporzionale all’onirico intangibile di Chagall: dove le creature del Circo si dissolvono navigando nel loro irreale volo verso l’infinito ignoto…
In questa dialettica pittorica, il cinema si colloca nel giusto mezzo: dalla onirica fisicità ritratta da Fellini (Otto e mezzo), a quella più sfumata di Leconte (La ragazza sul ponte).
Sempre di viaggi si tratta. Nell’inconscio, in terre esotiche, nella terra di Tanathos, e nel Cielo dalle sette case.
Circo e sogno. Circo e arte. Circo e cinema